In Italia il voto ha fatto emergere un paese che non si è riconosciuto nelle scelte politiche del governo (Jobs Act, “buona scuola”, ” bonus” vari, ecc.) e nel modo di agire di Renzi (eccesso di protagonismo, sovraesposizione mediatica, “giglio magico”, occupazione della RAI, eccesso di semplificazione di questioni complesse, twitter, battute, frequentazione intensa, preferenziale di confindustria e di banchieri piuttosto che del mondo del lavoro, lunga acquiescenza ai diktat di Germania e Francia, insofferenza per l’opposizione).
In Italia tutti quelli resi poveri dalla crisi, i senza lavoro, quelli che non si curano per mancanza di soldi, il mondo di chi è o si sente escluso, al nord e al sud, non è stato percepito e intercettato dal governo che ha puntato sulla velocità dei procedimenti amministrativi, sulla semplificazione istituzionale, sull’accentramento del potere nell’esecutivo (governabilità versus rappresentanza e partecipazione). Il governo ha perso. Sono stati i giovani, in percentuale altissima a rottamare Renzi.
Gli italiani all’estero maggioritariamente hanno creduto che le ricette di Renzi potessero servire a migliorare l’Italia e a far avanzare politiche oggi inesistenti, diverse e rinnovate per loro che sono italiani con pari diritti quanto quelli in madrepatria. Quel voto va rispettato. Prima ancora della direzione del loro partito, i deputati PD eletti all’estero (lo hanno fatto con un comunicato) anzichè trarre le conseguenze politiche di un voto del popolo italiano che ha respinto le soluzioni governative, traggono dal consenso della circoscrizione estero motivi per una ripartenza dalle stesse ricette bocciate dal voto popolare. Considero un errore chiudere anzichè aprire una discussione, non capire che anche per gli italiani all’estero è il tema del lavoro, delle tutele, della giustizia sociale, del welfare, di una rappresentanza che non si può rinsecchire e far coincidere con i soli collegi elettorali ma che, invece, deve essere plurale. Il voto, all’estero e in Italia, ha lacerato e diviso laddove vi è bisogno di ricomporre, di riconoscere gli altri, di non dividere fra chi è con me o contro di me. Una comunità nazionale, la nostra, che ha corso il rischio di fracassarsi irrimediabilmente ha invece fortissimo bisogno di una Costituzione nella quale aldilà delle diversità tutti, ma proprio tutti, si possano riconoscere. È un dovere ricercare altre strade guardando al futuro. Lo devono responsabilmente fare le forze politiche a partire da quelle maggiori che ora devono aggiornare la Costituzione in modo condiviso. Per il mondo degli italiani all’estero ancor più oggi abbiamo bisogno di una sede di confronto aperto e non autoreferenziato, che non discrimini nessuno, che veda un rinnovato protagonismo ed un autonomo ruolo delle associazioni e dei Comites, che veda irrompere la nuova emigrazione con temi, rivendicazioni e proposte. L’indizione di una Conferenza mondiale degli italiani all’estero, che anche recentissimamente il FAIM è tornato a chiedere, maggiormente appare oggi l’occasione utile, non rinviabile, per rimuovere vecchie logiche consociative e autoreferenzialità e per imprimere la svolta della quale si sente fortissimamente il bisogno.
Rino Giuliani, vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi