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Sulla Conferenza Stato – Regioni – CGIE… e non solo

Il recente Consiglio degli Italiani all’Estero nella sua riunione plenaria del 5 dicembre 2015 ha bene messo a fuoco le possibili opzioni operative per un funzionamento efficace della Conferenza Stato-Regioni-CGIE.

Si è trattato di un avvio formale per la preparazione degli interventi in favore degli italiani all’estero che, ci auguriamo, possano realizzarsi a breve.

Il dibattito dell’ultimo CGIE si è sviluppato in contemporanea con una grave crisi delle relazioni internazionali dell’Italia con gli altri paesi europei.

Le soluzioni tecniche previste in seno alla Conferenza (Accordo di Programma su progetti ed aree di intervento, Fondo Nazionale per il cofinanziamento di azioni comuni di Regioni e Stato) contribuiscono ad ovviare a ritardi e latitanze nelle azioni in favore degli italiani all’estero.

Il protagonista emergente dell’iniziativa rivolta alle comunità italiane, connotate regionalmente, è l’ente Regione. La Regioni per responsabilità e ruolo, sono in grado di concorrere insieme allo Stato nella realizzazione di interventi programmati, organici e mirati.

“Veicolare il modo di vivere italiano in costante interazione con le culture degli altri paesi” sarà tuttavia, a nostro giudizio, cosa difficile e complicata.

L’integrazione dei lavoratori italiani e delle loro famiglie, nei paesi in cui si è compiuta, si assiste al passaggio da una naturale simpatia verso tutto quello che è italiano alla critica ed al dissenso esplicito, nonostante il grande rilancio dell’intervento verso gli italiani all’estero.

Per tutti coloro che hanno acquisito una sorta di complementare duplicità culturale per effetto del permanente contatto con gli italiani all’estero, è motivo di disagio constatare come molte scelte del governo consumino in breve tempo immagine e sostanza della presenza italiana all’estero.

In Europa ci troviamo oggi, con grande disagio, a prendere atto che i comportamenti assunti dal nostro paese risultano incomprensibili ai governi europei di centro-destra come a quelli di centro-sinistra.

Nella alleanza Nato e nell’amicizia con gli Stati Uniti, si è ecceduto in manifestazioni ed esteriorità ad uso interno, mentre la lotta al terrorismo assumeva la dura concretezza della guerra.

Se la “vittoria” sul terrorismo passa attraverso la pace, l’azione italiana assume un profilo basso rispetto a quello  che l’Europa potrebbe avviare verso gli Stati Uniti, il Governo israeliano e l’Autorità palestinese.

Giustizia sociale e redistribuzione della ricchezza fra i paesi sono ormai riconosciuti anche dai massimi responsabili dei sistemi finanziari della globalizzazione economica come necessari per togliere al terrorismo santuari e soldati.

Gli italiani che vivono e operano all’estero devono in primo luogo potersi identificare con la madre patria sulla base di valori condivisi e condivisibili dai concittadini dei paesi d’accoglienza.

Quando ciò non avviene le lacerazioni e le conseguenze sono immaginabili.

Non sono condivisi e condivisibili i valori di chi è in dissenso dall’Europa quando bisogna definire razzismo e xenofobia come reati e pensa ad una politica di potenza fatta di muscoli da mostrare.

I valori importanti, come ricorda tutti i giorni il Presidente della Repubblica, sono quelli contenuti nella costituzione repubblicana, per una Europa unita e democratica in grado di condizionare le politiche liberiste sovranazionali per le quali l’occupazione è divenuta una variabile indipendente e gli immigrati merce/lavoro da utilizzare semestralmente.

Il governo attuale appare nella sua composizione e nel suo programma contraddittorio, il meno adatto a tenere insieme il valore imprescindibile della unità nazionale, del federalismo, dell’Europa dei cittadini, della politica di accoglienza degli immigrati.

Guardando ai prossimi mesi e al lavoro che ci attende verso la Conferenza è legittimo domandarsi: in quale linea politica estera si collocano e si armonizzano le finalità, da noi largamente condivise, della prossima Conferenza Stato – Regioni CGIE?